Dieci domande a A2 studio, Antonio Gasparri e Andrea Ricci Bitti di Giorgio Tartaro
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Dieci domande a A2 studio, Antonio Gasparri e Andrea Ricci Bitti di Giorgio Tartaro

4 dicembre 2017

Si chiamano A2, come un mio vecchio programma tv per Leonardo, ancora in onda su Case Design Stili. Con Antonio e Andrea, magicamente supportati da Amanda Pallotti, subito una grande intesa, dalle interviste per ArchimovieTV ad Archienergy e via dicendo. Delle sanissime risate interrotte da seri discorsi dul progetto. In piena filosofia munariana.

Dieci domande a A2 studio – Antonio Gasparri, Andrea Ricci Bitti

Imola è una bella città, grande storia anche relativamente alla materia. Non vi manca una grande città?

Per essere sinceri io (Antonio) vivo a pochi km da Imola in un piccolo paesino dove ci si conosce tutti, e me ne vanto spesso!! Tanto per farvi capire, in studio abbiamo due orologi a parete, uno sull’orario di Imola e l’altro su quello di Mordano… La nostra vita lavorativa si svolge per la maggior parte a Imola e dintorni, dove tutto scorre più lento. Questo non vuol dire che si lavori meno, anzi la competizione si sente anche in realtà come la nostra, ma è quello che c’è fuori oltre il lavoro che contribuisce a una qualità della vita che ci piace. E’ anche vero che la grande città’ forse offre maggiori opportunità’, più servizi e meno ‘uniformità’ sociale; più visibilità e più contatti e relazioni con chi orbita nel nostro settore. E quando siamo in viaggio il ”guardare con occhi curiosi” le grandi città o i grandi paesaggi e torniamo a casa, ci accorgiamo che nei nostri progetti c’è sempre qualcosa che li ricorda. Siamo pronti…. Comunque!

Sarà perché il vostro studio si chiama come un mio vecchio programma TV, ma con voi c’è stata da sempre grande empatia. Pur vedendoci poco e in occasioni di lavoro. Quanto conta questa vostra facilità di rapporti?

I rapporti sono alla base della nostra vita e di conseguenza del nostro lavoro; non siamo certo Archistar, siamo “solo” Architetti, il costruire non solo progettando, ma costruire nel senso più ampio creando rapporti che si basino sul rispetto, sul confronto, sulla credibilità, l’empatia e un po’ di coraggio… Ci piace pensare che sono sempre le persone che fanno la differenza, aldilà delle competenze.

Veniamo al vostro approccio al lavoro. Si ha la netta impressione che ve lo portiate a casa. Un testo architettonico non è una commessa ma un percorso di vita per voi?

Si è vero lo portiamo a casa . non te ne stacchi mai, fino a quando non vedi che tutto a grandi linee è già risolto… Poi ti accorgi che c’è n’è ancora!

Visto che siete in due, o almeno in due, la classica domanda su presenze e desistenze, accordi sul chi fa cosa, e l’avere una linea comune. Andare d’accordo insomma.

Noi sono entrambi dell’ariete, nati a pochi giorni di distanza dello stesso anno, fatto la stessa università ma in periodi diversi … Andrea è l’architetto più vecchio! In termini di laurea. Dal 1990 ci vediamo tutte le mattine, abbiamo aperto lo studio nel 1994 – siamo nonostante tutto diversi – e in questa diversità ci compensiamo; Io (Antonio) sono quello con la miccia corta, faccio casino e a volte sono insopportabile, il più “agitato” artistico e social. Io (Andrea) il più “serafico”, meno social ma il più ginnico! Entrambi testardi ogni tanto ci si scontra come in una sana coppia, ma poi si fa “all’amorreee” (in senso architettonico, ovviamente!). Il nostro modo di lavorare fa sì che la somma delle parti sia più importante del singolo.

L’ironia, l’autoironia è una parte importante del vostro modo di essere. Non è solo motto di spirito ma approccio super serio allo scherzo. (so già chi risponde prima).

“Gli architetti hanno sempre il sorriso”, è la scritta sulla porta che accoglie chi viene a trovarci in studio, ci piace prenderci poco sul serio, pur facendo seriamente il nostro lavoro. Basta fare un giro nel nostro sito o sui nostri social, e già si capisce di cosa parliamo. Vale ovviamente anche per il Team dello studio.

Una domanda sulla comunicazione. Attenzione ai messaggi dispersivi, utilizzo di formule tradizionali (libri) ma anche di linguaggio video e profili social. Chi fa cosa e come? Ps: la famosa festa fa parte di questo o è uno spazio libero?

La comunicazione dello studio è nata quattro anni fa circa, per caso come molte cose nella vita, da un viaggio in treno di ritorno da un salone del mobile; abbiamo iniziato con le pubblicazioni di lavori importanti, unita alla parte dei social (sito, Facebook e Instagramm di cui se ne occupa Amanda Pallotti pr dello studio) cercando di mantenere lo stesso fil rouge, ovvero il non prenderci troppo sul serio, essere poco autoreferenziale e far vedere il lato “privato “ dello studio. Pubblichiamo (sui social ) non solo i nostri progetti ma “condividiamo” anche quelli dei nostri colleghi conoscenti o meno. Per farla breve se un progetto o un evento ci piace, lo pubblichiamo troviamo “bello” condividere o promuovere ciò che riteniamo bello; il bello e di tutti! Da qui è nata la Festa che è diventato un appuntamento ormai fisso verso Natale che ci piace condividere con le persone che fanno parte del nostro mondo, anche in questo caso il tutto senza prenderci troppo sul serio.

Materiali del progetto. Ne avete di preferiti ma sperimentate molto. Siete curiosi e poco conservativi?

Nei progetti la scelta del materiale è fondamentale e strategica. Siamo curiosi e conservativi ma nell’accezione del termine. La nostra tensione è di “conservare” la semplicità e la freschezza in ogni progetto. E’ questa nostra ricerca che fa di ogni progetto sia un unico come un lavoro sartoriale.

Qual è la cosa più buffa (e utilizzo un termine edulcorato) che vi sia mai capitata nella professione?

Sicuramente NOI!

Una domanda sull’insegnamento, sul messaggio che volete e potete lasciare.

Antonio.

L’insegnare, il messaggio…sono cose lontane da noi, perlomeno non sono nelle mie corde, non mi sento ” all’altezza”. Potrei dirti quello che per me è un valore e cioè quello di fare le cose con amore, con rispetto e educazione…come vorresti che qualcuno facesse così con te. Lo so è un ragionamento banale ma la semplicità… E’ nelle mie corde.

Andrea

Come nella vita l’insegnamento o la comunicazione architettonica passa anche dall’ esempio. Il cercare di costruire “belle architetture” fa sì che anche quello che circonda quella architettura come per osmosi trasformi il sito e viene voglia di renderlo con le future architetture in simbiosi con quello che lo circonda.

Una ultima domanda sulle identità. Per voi esiste una via “emiliana” al progetto? Quanto della vostra terra e tradizione entra nei vostri progetti? E quanto del linguaggio internazionale vi interessa? Vi attrae?

Antonio

Questa è la classica domanda per l’Archistar! Pertanto non so darti una vera risposta. La tua domanda però mi ha fatto voltare indietro a guardare il percorso delle cose che abbiamo realizzato e indubbiamente agli inizi un forte legame con la tradizione e la nostra terra sono manifesto nell’utilizzo di materiali e degli stili. Con il passare del tempo la curiosità di sperimentare cose nuove ci ha condotto a fare ciò che ora stiamo capendo e che forse strizza l’occhio a un linguaggio più internazionale e così anche se ci piace “guardare in alto” i piedi rimangono ben piantati a terra.

http://www.giorgiotartaro.com/blog/143-diedi-domande-a-a2-antonio-gasparri-e-andrea-ricci-bitti

Autore: Giorgio Tartaro

Giornalista, si occupa da tempo di progetti per la comunicazione di architettura e design. Autore televisivo per RAI e Sky. È condirettore del master di Interior design della Scuola Politecnica di Design e Politecnico di Milano, e docente al master sul Made in Italy, IULM, Milano.

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